Il sadu di Jaipur

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50 x 70, 2016, acrilico su tela

Partiamo da una breve, brevissima premessa.

In questi mesi, lontano da questi schermi e anche un po’ dai pennelli, è iniziata un’avvenutra grande. Un’avventura che ha fagocitato il mio tempo e le mie energie, ma per la quale voglio tornare e sono tornata a occuparmi del mio orticello colorato. Perché essere mamma non è il solo, unico centro del mio essere. Non voglio rischiare di annullarmi dentro un’unica, grande etichetta. Io sono mille cose e persone, e voglio che mia figlia cresca dipingendo insieme a me, ridendo quando il suo papà ci sgriderà perché avremo di nuovo sporcato il pavimento, imparando che le emozioni hanno molte vie di espressione. Una di queste è il colore.

La sera prima che nascesse, dipingevo uno dei quadri di questa serie.

Da un po’ di tempo, sentivo il bisogno di una strada espressiva meno “ragionata” e più “istintiva”, così ho chiesto ai miei omini senza volto di aspettarmi pazienti. E ho cercato nei colori la forza e la libertà di cui avevo bisogno. E dire “colori” dopo il viaggio di due anni fa, per me, non può che voler dire tornare in quella terra incredibile, straordinaria. Non può che voler dire ispirarsi all’India.

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Incredible India. Queste le parole che ci hanno accompagnato nel nostro viaggio e che danno il nome a questa serie di tele. La ricerca parte dalla scomposizione cromatica delle fotografie scattate in quei giorni; il colore si espoande libero sulla tela, le macchie giocano e si fondono, fino a essere parzialmente coperte da tinte metalliche, quali l’oro e l’argento, che immancabilmente affiorano nella croma indiana.

Ecco la foto che ha ispirato questo quadro. Colori caldi, intensi, come lo sguardo di quel sadu che incontrammo nel parcheggio di piedi del forte.

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